Cerca nel blog

mercoledì 31 marzo 2010

Le mie notti bianche





notte prima.

avevo avuto anch'io una giornata strana. quando sei in vacanza il mondo appare ovattato, il tempo prezioso, e sembra che tutti abbiano qualcosa di bello da fare.
ma dove sono tutti? senza dubbio, si divertono da qualche parte senza di me.
via del corso appariva stranamente tranquilla, di macchine neanche una, sembrava lo scenario di uno di quei film in bianco e nero con sofia loren, quando le persone potevano ancora parlarsi da un lato all'altro del marciapiedi.
ma nessuno parlava con me.
essere soli è fastidioso
essere soli in mezzo alla gente è straziante.
in quel periodo avevo ancora un cellulare e, come accadeva spesso, mi misi a frugare nella lista dei contatti cercando qualcuno da contattare.
di cento e più nomi, qualcosa di ogni volta diverso mi spingeva a desistere dal chiamare.
la mia marcia continuava, iniziavo già a intravedere l'altare della patria. frotte di turisti delle più disparate nazionalità mi circondavano, fieri dei loro occhiali da sole appena acquistati e del poter girare in manichette corte.
ma poi perchè quando si va in vacanza si comprano sempre occhiali da sole? perchè il turista - che sia in villeggiatura un mese o un solo giorno - deve per forza di cose coprirsi le pupille?
il sole vacanziero brilla più forte, evidentemente.
io gli occhiali da sole non li avevo. pesavo ogni mio sguardo, perdendomi nelle chiome delle passanti e nei discorsi di chi aspettava un autobus o un amico. o entrambe le cose.
mi stavo avvicinando alla zona del colosseo, quando, preso da un incontenibile disgusto per l'accademico ed il classico, tornai sui miei passi, andando a salutare il tritone.
giunsi davanti quella statua austera e goffa allo stesso tempo, chissà quanti passanti ha salutato, quante volte è stato punto di riferimento per cinesi spaesati che per distrazione o scemenza si erano persi! qualcuno si è mai baciato sotto di te, tritone? qualcuno ha mai pensato di accarezzarti, dopo averti fatto una fotografia? se fossi una statua, credo proprio che sarei felice se qualcuno ogni tanto mi accarezzasse.
fu un lampo, un attimo. le mie fantasie alienanti non solo mi avevano fatto oltrepassare il tritone senza nemmeno concedergli una carezza, ma avevano anzi fatto scorrere il sole giù, oltre l'orizzonte malcelato dai palazzi quiriti.
la mia notte iniziava qui, anima fuggente dal sapere classico, dalla marmorea e crudele bellezza, che si accingeva a cedere il posto al grigio e fiero metallo, alla gomma bruciata, alla velocità, alla bomboletta spray.
una M bianca a sfondo rosso mi guidò come un faro in questo mare di passanti che, come già detto, sembrava avessero un sacco di belle cose da fare.
presi la scalinata, il mare divenne oceano.
più scendevo gli scalini, più la temperatura aumentava, stavo varcando le soglie della città di Dite.
Già, perchè sotto terra vive un mondo parallelo: un mondo fatto di strani cartelloni, cappucci tirati su, personaggi bizzarri, inquietanti predicatori, rumori, singulti e tanti, tanti passi.
il neon costrinse le mie pupille ad una dilatazione improvvisa e inaspettata - tanto che avrei voluto avere gli occhiali da sole - mentre la mia attenzione veniva catturata dalle mille scritte che coloravano il muro. un gruppo di equadoreni discuteva animatamente con quel loro fluire di parole strano e morbido , spingendo chissà per quale motivo il mio polso a tuffarsi nella tasca della felpa, estraendo le cuffie. le mie.
di nuovo, il mio correre col pensiero mi aveva distaccato dalla camminata fisica, e mi trovai davanti al binario, finchè un enorme bara di metallo si fermò davanti a me, spalancando le sue fauci e lasciando fuggir via decine e decine di anime prave, tutte con qualcosa da fare. tutte con un programma sicuramente più entusiasmante del mio.
entrai, mi misi a sedere.
il mezzo partì con rumori cadenzati, il mio viso, il mio occhio si moltiplicò davanti ai miei innumerevoli me sul vetro, nuovamente, l'istinto spinse l'indice a premere "PLAY" ed a tirar su il cappuccio di quella felpa comprata chissà quando.

"tum dum dum dum
i'm the son of rage and love
tum dum dum dum
the jesus of suburbia
From the bible of none of the above
On a steady diet of soda pop and Ritalin
taratta tararararatta
tum dum dum dum
No one ever died for my sins in hell
tum dum dum dum
As far as I can tell
At least the ones I got away with
And there's nothing wrong with me
This is how I'm supposed to be
In a land of make believe
That don't believe in me"

eccomi, sono io. quello che nella terra dei credenti non crede in me.
la metro parte e si ferma, vomitando ed inglobando anime senza sosta, un caronte metalizzato che voga in uno stige artificiale.
"prossima fermata: Cocito"
Caronte si ferma di nuovo, lo colgo di sorpresa, saltando giù all'ultimo secondo. lui mena fendenti con i suoi remi futuristici, porte scorrevoli che non risparmiano arti umani indecisi.
sono fuori.
cioè, sono fuori dalla metro, ma sono dentro la stazione.
reclame pubblicitarie mixate ad annuncio ritardo treni provano a soffocare la musica che mi bombarda le orecchie: evidentemente sono sceso a Termini. procedo di qualche passo, finalmente riconosco dove mi trovo: un brandello di muro a me familiare è lì, ad osservarmi, dice
"HO MESSO LA TESTA A POSTO MA NON RICORDO DOVE"
vado oltre, le mie gambe camminano da sole, mentre cerco di ricordare dove abbia messo la testa, forse nemmeno è a posto. forse avere la testa a posto è impossibile. o forse tutti ce l'abbiamo a posto, ma ognuno vive una definizione diversa di "a posto" .
non so.
le prime stelle timidamente spuntano, ma questa è solo un ipotesi, visto che le luci della città sporcano il cielo, coprendolo con un alone che sembra quasi radioattivo. anche qui, la strada è semideserta, poche persone si muovono in entrambi i sensi di marcia, ma innumerevoli vivono paralizzate nei loro abitacoli, imprecando semafori, vigili, vecchiette che attraversano, navigatori impazziti, figli affamati nel sedile dietro e quell'mbecille che per piazzare una panda ha occupato tre posti.
è davanti a quella panda, che ci incontrammo.
di solito i grandi eventi, gli incontri importanti e poetici avvengono sulle rive di fiumi, all'ombra di storici monumenti, all'interno di panorami da urlo.
noi due ci incontrammo di fronte ad una panda parcheggiata male, verde detersivo del LIDL, in mezzo ad uno spiazzetto conosciuto solo ad anziani vecchietti per farci cagare i bastardini o marocchini per venderci hash.
hai urlato.
ed io ho tolto le cuffie.

"eh?"
"oh no, scusami. mi sono sbagliata. pensavo fossi un altro"
"ah.."
"va beh, io vado eh. ciao"
"......."

tanti capelli. capelli sciolti, fluenti, sottili e anarchici.
capelli setosi, capelli morbidi.capelli che raccontavano di tappeti indiani, montagne vergini, sensazioni sconosciute, profumi peccaminosi e nero come non è mai stato. capelli da morirci dentro.
quei capelli si erano voltati ed erano spariti, lasciandomi lì, in mezzo ad uno spiazzetto conosciuto solo da anziani vecchietti per farci cagare i bastardini, marocchini per venderci hash, e te.
quanto trovavo accogliente quell'angolo di paradiso!! le piante rinsecchite riaquistavano vigore, la debole luce arancione proveniente dai lampioni non denotava più lo squallore della periferia, ma ricordava il colore dei campi d'agrume in fiore. i pusher erano diventati mercanti delle terre dell'est, coi loro turbanti ed i bazar multicolore.
quanto era bello, quellangolo di paradiso!!

Andrea Straniero

martedì 30 marzo 2010

Il ciclico sgambetto

e ancora adesso non cado,
è sulle lancette del pendolo che vado
oscillo,
sicuro di me brillo
male ne fai tanto, ma non ne sento più
uno stesso gioco non funziona due volte con la stessa persona,
metti bene a fuoco il risultato:
"amore" non è "essere amato"


il peggio di certe circostanze, a volte, è scoprire che chi credevamo ci conoscesse a menadito in realtà non ci conosce affatto. e che noi, un po stupidi, ci illudiamo di avere una persona tutta da scoprire, che in realtà risulta essere regolare come un algoritmo algebrico.

ma non sarà questo a fermare le mie endorfine.
non saranno piccoli disguidi come questo a bloccare la mia adrenalina.
amamus, Lesbia!!

Andrea Straniero

I hope you like my stupid PAINtHing

Quel molo sussurrava i ricordi di tanti, compresi i miei.
Lo conoscevo bene ed ancora meglio lui conosceva me, il cemento accoglieva ogni mio passo con compassione ed il cielo turbinava per ricordare al mondo che gli era padrone e per ricordare a me che non ero niente.
La pioggia disegnava sbarre verticali e le gocce intrappolavano diapositive di felicità passata che andavano a sdraiarsi sul terreno. Era un carcere di felicità morta che soffocava quella che aveva voglia di nascere. Il passato è sempre così terribilmente egocentrico.

Mi si avvicinò.

"E' due anni che non ci vediamo..."
"Sì lo so e speravo che non ti avrei rivisto"
"Non sono così malvagio"
"No non lo sei, sei solo necessario, noi sei cattivo di tuo"
"Cosa pensi di Lui dopo questi due anni?"
"Ti dirò, ci sono stati momenti in cui mi sono vergognato di aver messo in dubbio il suo rapporto con me e parte di quei momenti si sono consumati proprio su questo molo"
"Ed ora cosa ne pensi, di Lui e di quell'altro?"
"Evito di pensarci, penso molto più spesso a te"
"E cosa pensi di me?"
"A molti non piaci, come a molti non piace l'odio. Sei nato da Lui, come l'odio è nato dall'amore. Tu e l'odio siete due necessità della vita. Siete venuti al mondo per i comodi nostri, dell'amore e Suoi. Nemmeno voi vi piacete in verità e per questo siete molto più simili a me. Chiamala solidarietà"
"Sei solidale verso l'odio?"
"Sì, quando l'amore smette di scaldare l'odio arriva a bruciare. Non hanno lo stesso talento. L'odio mi è sempre parso un po' come il figlio meno dotato e mi ha sempre fatto tenerezza. L'amore è sempre meno generoso dell'odio..."
"Ed io? sono anch'io il figlio meno dotato?"
"No...sei caduto proprio tu e non un Gabriele o un Giorgio...perché tu puoi tornare a volare. Per ogni dono che Lui ti ha fatto, per ogni sfumatura di ogni colore in cui ha intriso la tua anima tu avrai una sofferenza. Le sconterai tutte finché l'equazione sarà un'identità e darà zero."
"Ogni volta che perdo qualche metro la risalita mi pare impossibile..."
"Puoi rinascere tutte le volte che vuoi finché non sei morto"
"Ce la farò?"
"Tu sì, tu hai la certezza di non essere uno dei tanti...io no..."
"Anche tu non lo sei..."
"Non ci credo davvero ma passo il tempo a ripetermelo"
"Perché se poi non ci credi?"
"Perché in qualche modo bisogna far passare il tempo perché il tempo passi ma non ci passi sopra"

Ci avviammo. Prendemmo la stessa strada ma con diversa destinazione.
Due anni prima, l'ultima volta che lo vidi, la mia vita si accartocciò ed io rimasi schiacciato dentro.
Avevo il cuore ricucito dal filo spinato, non sarei morto dissanguato ma avrei desiderato morire per il dolore. Ma la vita ci fa sempre del male, tranne quando lo vorremmo. E così ci fa ancora più male.

Il sangue eiaculato dal dolore era il miglior inchiostro che avevo.


Chris Palko

Rivincita

Proprio come quel fiume che, là sotto, scorreva imperturbabile e senza sosta, ingenti folle di persone intorno a me si muovevano scoordinate e celeri, apparentemente con l’intenzione di superare e ingoiare il tempo.
Sembravano tutti avere un posto in cui andare, mentre io non ne trovavo nemmeno uno in cui scappare.
Restavo lì, immobile, a provare di ignorare l’assordante e eterno movimento di quel mondo, che con la sua massa mostruosa e i suoi veloci movimenti oscurava la luce di quel sole che, a un’estremità del fiume, prossimo al tramonto, anche lui fuggiva via, chissà dove.
Tra le sfumature rosse e arancione di quel sole enorme, che, non posso negare, colmavano di una timida gioia il mio cuore, già da tempo vuoto, riuscivo a scorgere, con nitida chiarezza, una certa vena di malinconia, come se fosse avvilito che tutti quei goffi umani, che reputavano lecito correre e ammazzarsi per firmare un foglio o comprare qualche cianfrusaglia inutile, non reputassero più lecito fermarsi un momentino a contemplare la bellezza di quei suoi raggi e salutare quel fedele amico che per qualche ora non avremmo più rivisto.
C’è da allarmarsi quando un popolo non trova più alcuna malinconica gioia a guardare il sole spegnersi all’orizzonte.

In quel momento i gracchianti strombazzamenti di un vecchio traghetto mi fecero sobbalzare e i suoi fumi, che distribuiva nell’aria con noncurante indifferenza, quel giorno anticiparono la fine del giorno e il dileguarsi del sole.
A bordo c’erano turisti di ogni sorta, schiavi di flasshanti oggetti e tutti caratterizzati da una sorriso stereotipato che faceva rabbrividire; si sporgevano da quelle barriere, ahimè, troppo alte per far sì che la loro ingordigia pseudo culturale gli attribuisse la fine che meritavano e si impossessavano di immagini che non avrebbero mai compreso.
E proprio mentre stavo maledicendo quel traghetto che sembrava non passare più, vidi nell’estrema poppa del battello una ragazza mora che divorava delicatamente una sigaretta.
Si accontentava di stare nella parte più arretrata della nave, di non partecipare a quella stupida gara tra turisti di chi vede per primo questo o quel monumento, ma anzi, come me, sembrava piuttosto infastidita dalle urla incontrollate di quei pupazzetti viaggiatori; dal canto suo non sembrava nemmeno interessata a contemplare le artificiali meraviglie di questa città, ma il suo sguardo si perdeva nelle scie che quel vecchio traghetto lasciava nell’acqua sporca del fiume.
Era così bella, che non potete immaginare.
Anche il vento feroce sembrava essersi innamorato di lei, tanto che, fattosi stranamente docile, giocava con quei suoi bei capelli e quel cappotto lungo, disegnando coreografie di un’armonia surreale.
Dalla tasca spuntava un libro in vecchio stile di strazianti poesie e da sotto il cappotto spuntavano due modeste cuffie che andavano a consolare le sue desolate orecchie.
Aveva un’aria talmente triste, e ai miei occhi era meravigliosa nella sua malinconica solitudine.
Quel suo viso liscio era attraversato saltuariamente da timide lacrime che tentava di nascondere, che, dopo aver attraversato quegli zigomi cosi meravigliosamente alti scivolavano soavemente su quella mandibola delicata, stavano qualche attimo a baciare quel piccolo mento leggermente pronunciato, e poi si lasciavano cadere, come pioggia nuova, a cui ogni goccia è collegato un ricordo o un’immagine.
Le piu fortunate di quelle lacrime andavano a danzare tra le carnose curve di quelle sue labbra rosse, e quasi evaporavano estasiate dalla bollente sensualità di quella bocca, compiacendosi di una fine così invidiabile.
La guardai fissa negli occhi. Aggrappate a quelle iridi così intense vidi gioie di ogni sorta, amareggiate per quell’ingiusta reclusione, scorsi un mondo talmente colorato che volli sapere tutto di lei, ogni possibile sfumatura di qualsiasi attimo della sua vita passata, e partecipare da protagonista ai momenti che verranno.
Allora raccolsi da dentro il mio corpo tutta quella rabbia, quell’amore e quella voce che da troppo tempo ero costretto a sopprimere, e urlai, ad occhi chiusi:
"Non essere triste amore mio! Non siamo fatti per vivere qua fuori! Ma vieni! Guarda, ti apro il mio cuore! Puoi farne quello che vuoi! Impareremo il vero significato della felicità, quello che nessuno è in grado di insegnare! Da ora in poi la mia vita non potrai che essere tu.
Ti chiederai chi io sia. Beh, non sono altro che tutto l’amore che tu puoi desiderare. Guarda! Tremo!
Comincio a vivere solo ora, al cospetto dei tuoi occhi. Ti amo. E ti amerò per sempre. Per tutti i giorni a venire. Uccidimi d’amore, te ne prego."

E dopo queste parole, che uscirono direttamente dal cuore, il mondo si fermò, sentii immediatamente gli sguardi di quei viscidi animali incravattati che, fermatisi per deridermi, ridevano a crepapelle del mio amore e pronunciavano parole che morirei solo a ripetere.
Mi voltai verso di loro e potei solamente sussurrare tra gli incontenibili singulti:”Perchè mi fate questo?”. Scavalcai la ringhiera e lasciai che il mondo mi condannasse a quella fine a cui da un’intera vita non faceva altro che prepararmi.
Mentre precipitavo, non vidi l’intera mia vita passarmi davanti, ma non sentii nulla, solo una stupida ostinazione da parte del mio corpo alla vita. L’acqua fredda del fiume mi inghiottì in un istante, e rimasi immobile a fare finalmente ancora per pochi attimi quello che ormai facevo da una vita intera: attendere la morte.
Ad un tratto sentii il mio braccio afferrato da una mano piccola e decisa e rimersi dall’acqua. Aprii gli occhi e di fronte a me vidi quegli occhi, che solo poco tempo prima mi avevano trasmesso cosi tanto amore. Aveva i capelli bagnati attaccati maldestramente su tutto il viso e il trucco tutto sbavato. Era allarmante quanto mi sembrasse sempre più bella. Ora le lacrime sgorgavano dai suoi occhi senza paura, ma una nuova luce stava prendendo il sopravvento dalla profondità de i suoi occhi.
Mi guardò profondamente negli occhi e disse:"Non pensavo che avrei rivisto così tanto amore. Ora rivedo la mia vita negli occhi. Ti amo come non potrei amare nient’altro amore mio." E i nostri corpi si fusero insieme in un’esplosione di emozione. Restammo inermi a lasciare che la corrente di quel fiume che ci aveva uniti, ci portasse al cospetto di orizzonti nuovi e felici.
Ero morto.
E vivevo ora il mio meritato paradiso.

Lauro De Bosis

lunedì 29 marzo 2010

Dear Sigmund



"dottore, vede, è come se in fondo alla gola avessi un tappo.
ma non un tappo di sughero eh?! neanche un tappo come quello della vasca da bagno. è un tappo più grande, molto più evasivo. sta lì, alla bocca dello stomaco, forse nel culo, dello stomaco, non so.
crea un enorme ingorgo tra le mie sensazioni, le accumula, le fonde, le confonde, facendo sì che diventino tutte un enorme malessere, facendomi sentire inadeguato, fuori luogo.
e non importa quello che succede, che siano cose belle o brutte, paranoie o dolci sensazioni, positive o negative. perchè in fondo si sa : più per meno fa meno.
questo tappo lascia quello che sento lì, giù nella pancia, a marcire.
le sento, sa?
sento tutti i miei piccoli demoni che si agitano, urlano, mi spintonano. forse sono pure autolesionista,
dottore. sento solo questa nuvoletta di fastidio che sta lì, e riesce a farmi rovinare ogni cosa.
il peggio è quando mi sento saturo, dottore, è in quei momenti che l'insoddisfazione raggiunge il limite: attimo dopo attimo, le emozioni si stipano sempre più strette, finchè non succede che di tutto questo male dentro ne esce un pezzetto, un insulsa porzione, senza arte nè parte, che a tradimento riesce ad aprirsi un varco all'altezza del mio ombelico, risale su sino ai polpastrelli e fugge via.
ma non è che un appendice, dottore. io ho bisogno di far uscire il resto, voglio partorire tutto."


"caro ragazzo, non si può partorire tutto. la bellezza delle sensazioni è che non possono essere tradotte in altro modo se non con l'empatia, con l'impressione.
la nostra lingua è comunicazione fallace: nella comunicazione di un messaggio, ad esempio, studi hanno messo in luce che solamente il 20% arriva puro al ricevente. il resto è filtrato dal pregiudizio, dal lunatismo e da mille altre variabili impossibili da trascurare.
cosa fai qui, su questo lettino? non esiste fonema che renderà giustizia al caldo che viene al cuore davanti ad un tramonto, o ad un opera d'arte, o alle labbra della donna che ami.
tentare di razionalizzare le sensazioni è come ucciderle.
il tuo problema sei tu, sono le tue stupide analisi.
tu sei il tuo tappo.
vai a vederti un tramonto, toccale le mani, assaggia cibi strani e non aver paura a dormire per terra.
non studiare, viaggia"

Andrea Straniero.

domenica 28 marzo 2010

Esser fuori luogo

esco di scena e vado a camminare solo
sui marciapiedi volo
Straniero che cammina, nella mia città, mentre manichini annoiati mi guardano dalle loro opache e spente vetrine: viva lo spirito del commercio.
Intorno a me gente che si “diverte”, in piedi, appoggiata a muretti, seduta in dehor.
Si salutano.
Per terra carta straccia, cannucce, bottiglie vuote, bottiglie vuote rotte.
Il mio sottofondo è un vociare sconnesso sotto la hit del momento, rumore di vetri che si frantuma, il canto di un ubriaco. Il canto della gente che si “diverte”.

Sono Straniero nella mia città, sarà per questo che non capisco. È tutto qui? È questo il traguardo a cui sto ambendo? Un diploma, una laurea, una specialistica, un lavoro, per accantonare soddisfazioni, pasti veloci al fast food, settimane infernali ad arrancare sotto un capoufficio ignorante che magari mi sta pure sulle palle per concedermi quattro ore di svago da week end bevendomi un negroni nel dehor osservando i passanti, salutando i conoscenti

“oh bella”“bella.”
“com'è?
Bene, te?
Eh, bene
dai vado, oh fai il bravo eh?”
“Si si, tranquillo, anche tu”

moltiplico per ottanta, ci sommo la camicia nuova ed il Malborino che spunta dalla tasca ed ecco qua la serata tipo. La mia risposta vorrei fosse no, grazie.
Sto vivendo per questo?

non è un urlo anticonformista il mio.
è un urlo di aiuto.aiutatemi ad autoconvicermi che non sto vivendo con l'obiettivo di riuscire ad integrarmi in questo bellissimo e doratissimo ingranaggio che è quello della gente che conta.
a volte è bello esser fuori luogo.


Andrea Straniero

Adieu




Il silenzio è immobile.
Il cuore pulsa ancora in solitudine e chiacchiera con l'eco del suo battito.

Qualche goccia di sangue con residui di sedicente poesìa ancora spilla, le dita sulla tastiera si affannano a trasformarla in un geyser di rabbia stanca.

Il letto è inutile senza l'immaginazione, l'ora tarda passa indifferente sugli occhi, il buio è solo buio senza una tavolozza di pensieri che lo tinga.

Io sto qui a pensare che non devo pensarti ed il sonno non sa sedurmi; tu e le tue labbra d'ambra sì, i tuoi occhi e quelle ciglia che paiono arrivare ovunque ancora di più. Vorrei dire altro ma non posso.

Il più grande pregio dei miei occhi è guardare i tuoi.
Il più grande pregio degli occhi è poterli tenere chiusi in certi momenti.

E vederti ancora meglio, e vederti mia.
O forse vedo meglio solo me stesso, perché peggio si può ma quello lo lascio a domani.

Non lo farò più, mi cercherò un'altra bugìa che mi sibila redenzione.


Chris Palko

Irrequietudine 2




Sono in bilico,
terrorizzato dall’infinito strapiombo
che, a un centimetro dal mio piede,
si perde senza che sia possibile vederne la fine.

Scivolo.
Lo sdrucciolevole terreno di questa roccia,
su cui a malapena riesco a mantenere l’equilibrio,
si consuma progressivamente.

Intorno a me,
infiniti altri picchi,
con altrettanti uomini terrorizzati,
si disperdono all’infinito.

Li sento urlare,
emettere rantoli strazianti,
che non comprendo.

Siamo così vicini,
eppure così lontani
Siamo così tanti,
eppure tutti soli.

Là sotto,
in quell’eterna tenebra,
scorgo Morte, che, sazia,
attende senza fretta
il prossimo caduto.

Dov’è il sole?
Dove le nuvole viandanti?
Dove le piante e i fiori?
Solo oscurità,
angoscia e solitudine

Dove soprattutto il tuo ampio grembo,
sul quale, per soli pochi attimi, vissi veramente?
Dove il tuo sorriso da bambina?
Sei mai davvero esistita, Amore?

Da quanto tempo ormai mi ostino a vivere?
E’ solo incubo tutto questo?
O davvero realtà?
Sono smarrito.

Ora non mi rimane che restare qui,
faccia a faccia con la mia Fine,
ad attendere che questo mondo in rovina
mi lasci scivolare tra le sue ampie braccia

Perchè, d’altronde, cos’è la vita
Se non l’eterna e immobile attesa della morte?

Lauro De Bosis

sabato 27 marzo 2010

l'idiota



un mozzicone gettato da un terrazzo sintetizza i miei pensieri:
ciò che prima avevo tra le dita, sicuro della sua presenza, ora scioglie il sottile nodo che ci lega
per cadere giù.
ma in fondo, non è forse questa la fine a cui ogni sigaretta dovrebbe ambire?
ogni cosa esiste per assolvere la sua funzione.

è così.
può essere doloroso,
puoi chiamarla legge della giungla,
ma è così.

e allora qual'è il fastidio?
il fastidio è il "tiro degli idioti"
il tiro degli idioti è quell'ultima boccata strappata a tradimento, mentre il polso
già si sta flettendo per abbandonare l'agonizzante cadavere di tabacco al suolo
a volte succede che il dito cambi idea, riportando il filtro
alla bocca per un ultimo dolorosissimo bacio.

io lo chiamo tiro degli idioti perchè ogni volta che succede mi illudo che non sia solo una mossa del momento, che la mia sigaretta non sia finita.

proprio come un idiota

Andrea Straniero

Io non ho niente da scrivere



E' tutto immobile tranne la ventola del computer.
Io non ho niente da scrivere.

I sentimenti se ne stanno appoggiati in fondo al cuore, apatici, con le braccia conserte e l'espressione prigioniera.
Non hanno dove andare, non hanno nessuno che li accolga e gli faccia una carezza, trovatelli dalle facce sporche.
Si scaldano in quel sangue viziato e vizioso che si ripulisce per abitudine e mai camba colore.
Non cambia niente dall'inizio alla fine di una riga di coca.
Non cambia niente dall'inizio alla fine di una riga di parole.
Nel mezzo però qualcosa c'è, e nell'orfanotrofio che ho in cuore qualche bimbo si illude che troverà la sua mamma.
Io non ho niente da scrivere e so che il dramma inizia adesso.


Chris Palko

venerdì 26 marzo 2010

...Cosa accadde dopo

Stava disteso sul letto con la morte distesa sugli occhi.

I jeans ed una maglietta tirata addosso dal caso non tenevano abbastanza caldo. La bora del dolore spirava dallo sterno, rigava con le schegge gelate quel cuore di vetro. Amorfo, come certi dolori ed il loro dramma.

La musica usciva fumosa dalla bocca elettronica, assumeva forme fantasiose, si allungava, si contraeva, seguiva il flusso dei pensieri, lo plasmava, lo spezzettava, lo scherniva.

Senza fiato, stuprato da un dolore orfano di ogni logica.

Provava solidarietà per Lucifero.
Non vedere possibilità di redenzione rendeva demoni, lui lo sapeva.
Gli eccessi erano sempre ottimi adulatori, sapeva anche questo ma li lasciava fare.
Quell'amore bugiardo pareva sempre meglio di niente.

Il battito del cuore si faceva sempre più lento, era il polpastrello di un Dio inquisitore che batteva sotto il petto.

C'è quel dolore che non puoi nemmeno scrivere; scotta le mani, congela l'inchiostro, strappa la pagina.
E non ti resta niente. O forse resta solo quello.

La morte era molto più umana di quegli attimi.


Chris Palko, o cosa ne resta.

giovedì 25 marzo 2010

Amor di Pietra



ti prego, vieni qui. ne ho bisogno.
ho bisogno di te, ho bisogno di averti qui. di poterti parlare,
di poterti guardare negli occhi, di toccarti, di fare l'amore con te.
ho bisogno di sentirti vicina, le tue mani che intrecciano le mie dita stringendo
il palmo sin sull'orlo della violenza,
col rischio di cadere giù ad ogni sospiro.
ho bisogno di vedere che tutto questo è vero, che la tua pelle è
ancora morbida e le tue labbra ancora sognano le mie.
ho bisogno di te.

Andrea Straniero


Irrequietudine

Stelle,
tutt’altro che luminose,
solcano il mio viso
con un urlo atroce.

Tramonti senza fine
Si susseguono indifferenti
Sullo sfondo di una vita già finita.

Fame, odio, intolleranza
Cullano questo mio sonno eterno
Che è la vita

Dove il Sole e la sua luce?
Ingoiati da respiri affannosi
E oscurati da troppi movimenti.

Anche l’amore
Perde vigore,
ucciso dalla vita.

Non sento che singulti,
sospiri che salgono trionfanti
dal centro oppresso dell’universo.

E se per me, la vita,
è morte ormai,
Ho deciso:
voglio vivere!

Lauro De Bosis

mercoledì 24 marzo 2010

Un retaggio del passato che finalmente è passato

La felicità gliel’avevo soffiata dentro la bocca, le gocciolava rinfrescante per la gola.
La felicità gliel’avevo soffiata in mezzo alle gambe, la mia lingua le si stendeva dentro come una folata di Sole danzante al ritmo del nostro respiro.
Quei due densi fiotti della mia anima le si incontravano smisurati e sconosciuti centimetri sotto al petto, là dove la sua trovava una culla e dove potevo arrivare solo espirando qualche grammo della mia.

Poi lei era cresciuta, poi lei aveva scordato le parole, aveva scelto la sintesi. E tutto questo si chiamava solo sesso.

Ciò che mi feriva di più era che dopo averla persa avevo la sensazione che non esistesse nessuno capace di amarmi.

Oltre ad una ragazza avevo perso causa e scopo, ed ora mi ritrovavo lì a scrivere, fabbricandomi queste righe impregnate degli aborti continui della mia felicità.
Ne avevo bisogno, non ero ancora abbastanza grande per andar avanti per abitudine, non ero ancora adulto per far compagnìa all’attesa di un ergastolano.

Avevo perso la mia bugìa.
Gli uomini hanno un bisogno dannato delle bugìe, soprattutto quelli che hanno conosciuto la verità.
Abbiamo un disperato e patetico bisogno di menzogne, abbiamo necessità di credere che la verità non sia la banalità che appare, abbiamo bisogno di bisogni che bendino gli occhi con ritagli di pagine scritte.


Chris Palko

Predicati, non più attributi

tutti noi puntiamo alla felicità, e la cerchiamo.
se qualcuno di noi punta alla coerenza, lo fa per star bene, per essere felice..

anticonformismo non vuol dire un cazzo.
il più mediocre degli italiani è il re degli anticonformisti rispetto a tutti gli abitanti di Kyoto.
così come l'ultimo degli scapigliati poteva apparire un luminare in un villaggio di contadini del veneto.

noi diamo aggettivi sulla base del nostro filtro di osservazione della realtà,
che NON corrisponde a come la realtà effettivamente sia..

i nostri pensieri sono il Caos per eccellenza. difficilmente riusciamo noi stessi a districarci lì in mezzo. quando raramente abbiamo le idee chiare, trasformare concetti in parola diventa ardua missione. e , rendere le parole comprensibili a terzi lo è ancora di più.. è per questo che esiste l'arte!!

e io, io amo l'arte, perchè riesce
a farmi evadere dalla realtà
ed a farmela vedere meglio
contemporaneamente

voglio vivere.
voglio vedere cuori a colori
lo stacco tra il centro caldo dell'addome
e quello violaceo della mente.

Andrea Straniero

martedì 23 marzo 2010

2° Ricordo stral/cciato: Si Inizia sempre aspettando.





Di notte dubbi e speranze hanno lo stesso sangue. Il mio.
Al buio l'attesa e l'apnea respirano la stessa aria. La mia.

Il suo squillo è arrivato con qualche minuto di ritardo, lo schermo si è illuminato di una serie di cifre a cui avevo deciso di negare quel nome, la suoneria ha squittito per un attimo e poi i miei pensieri sono tornati afoni.

Non sapevo come tutto stava iniziando e non sapevo come sarebbe finito, non sapevo come sarebbe trascorso, non sapevo che cosa fosse.

I dubbi erano culle di rose intrecciate; le spine, i petali ed il profumo.
Disteso lì dentro, mescevo il sangue dei rovi al rosso dei petali, il verde delle spine a quello delle speranze.
Respiravo il profumo a pieni polmoni perché a me il soffio di Dio non era mai bastato.

Il buio si tingeva dei miei pensieri, il buio era lo specchio migliore per ogni anima.

L'attesa era finita, il delirio anche, l'apnea al profumo di rose si diradava.

Mi sono alzato. La cerniera della valigia era ancora aperta in un sorriso enigmatico, mi faceva pensare alla Gioconda.
Dovevo essere malato.

Era tempo di vivere.
[...]
Era tempo di scrivere, scrivere di aver vissuto.

Chris Palko

Veleno


il male che mi fai
è come un pasto che non trova pace nei meandri del mio intestino
una colomba in gabbia che a stento raggiunge il mattino
il male che mi fai
l'ennesimo temporale che mi sorprende dopo essermi appena asciugato
l'onda che dalla risacca a tradimento mi assale e mi lascia senza fiato
il male che mi fai
è la fatica che faccio per scrollarti di dosso
e la semplicità con cui mi rendo conto che no, ancora non ti ho rimosso.

io ti amo. io ti amo.
voglio bere del tuo veleno.


Andrea Straniero

Cos'è l'eternità?


E intorno a noi si estendevano, a perdita d’occhio, decennali palazzoni, secolari chiese e monumenti millenari.
Tutti, allora, assaliti da un irrefrenabile orgoglio per l’ingegno e l’imponenza della nostra specie, alzavano il capo al cielo e, con piroette un pò goffe, tentavano di assaporare ogni piccola parte di quelle strutture, che in continua espansione, ingoiavano l’imponente azzurro di quel cielo ben più antico. Molti, quasi sull’orlo di una sindrome di Stendhal, si cimentarono, a occhi lucidi, in illazioni forbite e impressionanti celebrazioni di quello che è, a LORO avviso, il maggior pregio dell’uomo, ovvero l’ingegno.
Protesi il collo verso l’orizzonte.
Vedendo questo gesto, il mio compagno mi disse, con un sorriso: "Non è bellissimo? Guarda il futuro! Per quanto tu possa allungare quel collo non ne vedrai mai la fine. D’altronde è senza fine. L’operato di questi geni sarà eterno."
'Oh no, mio caro amico. Cerco solo di scorgere da questo inferno metallico il sole, che, intimorito da tanta voracità, non riesce nemmeno a far giungere un raggio per illuminare questo mio tristo volto'. Avrei voluto dire queste parole. Invece mi limitai ad annuire, contribuendo alla progressiva morte di quell’essere che vive all’interno del mio corpo, che io stesso conosco a malapena.

Abbassai lo sguardo, per impedire agli occhi di assistere ulteriormente a quell’atroce spettacolo, e proprio in quel momento lo vidi, un uccello che, quasi frastornato e disorientato, si aggirava, a piccoli passetti, per quell’oleoso cemento chinando il capo ogni pochi secondi in cerca di qualcosa che, a quanto pare, non era in grado di trovare. Lo vidi alzare il volto e guardarsi attorno, con un aria malinconica, quasi quanto la mia; ma proprio in quel momento fece qualcosa che io non avrei mai potuto fare : spiccò il volo.

Lo vidi innalzarsi, in pochi attimi, più alto di quanto l’uomo abbia potuto fare ,in un tempo assai più lungo, a bordo di quei velieri vetrati e metallici. Al passaggio di quel piccolo animaletto, quei mostri, tanto grossi e spaventosi poco prima, si ritraevano spaventati da tanta naturalezza e leggiadria, e apparivano quasi piccoli, addirittura innocui nella loro smascherata superbia.
La volta celeste aveva appena acquistato la sua antica estensione e quel dolce uccello, dopo aver ormai rapito il mio intero organismo, portò le mie dolci malinconie a farsi due passi in quell’infinito quasi dimenticato. Il suo corpo, seppure immobile, toccava ogni angolo di quel cielo e tracciava disegni che neppure il più sapiente degli architetti, nell’arco della sua intera vita, avrebbe potuto progettare. Che senso di libertà mi trasmetteva quel piccolo animaletto, vedere le sue piccole ali stagliarsi nel cielo azzurro mi pervadeva il cuore di gioia. E poi…

" Che cazzo guardi laggiù! Non c’è altro che cielo! Lo stesso cielo azzurro che vedi ormai da anni." Con queste parole e uno strattone il mio compagno mi spinse a girarmi dalla parte opposta a contemplare quelle assurde spazzature, senza immaginare nemmeno lontanamente l’incredibile estasi che aveva appena interrotto."Guarda piuttosto queste meraviglie. Noi uomini possiamo fare qualsiasi cosa ormai. La natura è ai nostri piedi!"

Dopo queste parole scoppiai; non mi capacitavo che una persona potesse dire simile cose.
Possono davvero essere tanto diversi taluni uomini tra di loro?
Esasperato, lo spinsi via, e presi a rincorrere quel dolce uccello che si allontanava all’orizzonte.

"Ma che cazzo fai? Sei pazzo?". Sentii urlare quel mio disgraziato amico più volte.
Sorrisi.
Il pazzo doveva essere lui se alla vista di quelle due anime libere che si perdevano in un sole cosi grande non lo assaliva un’irrefrenabile voglia di scappare.
Il pazzo era lui se davvero credeva che cumuli di metallo, marmo e vetro potessero essere eterni.
Tutt’altro è eterno.
Il sole
L’amore
La vita

Lauro De Bosis

lunedì 22 marzo 2010

Picabia


Io vorrei farmi capire
che non è necessario capire tutto.

La tensione verso l'alto mi porta giù,
mentre una consapevolezza ed una coscienza
che non esistono
scivolano come un sipario sul
palcoscenico delle cose importanti.

ama. ama. ama.

Andrea Straniero

1° Ricordo stral/cciato

[...]

Quando sto con lei l'ossigeno che ingoio pizzica le corde dei miei sentimenti; è un'orchestra di spettri tristi con tanta voglia di vivere, suonano con gli occhi bassi lo stesso requiem, inconsapevoli l'uno dell'altro.
Hanno la ragione muta ed il cuore nato morto. Eppure non smettono, è l'unica cosa di cui avrebbero bisogno e forse l'unica che non sanno fare.

Ci fissiamo negli occhi.
I suoi fanno le fusa.
Nei miei luce ed ombra si abbracciano per dirsi che sono troppo distanti per essere così diversi.
I nostri sguardi non c'entrano niente l'uno con l'altro ma continuano a star lì a tenersi compagnìa mentre io e lei ci ignoriamo.
E' diventata forte e sicura ora che mi ha visto debole, mi fissa ed ammansisce l'intensità del mio occhio nero concavo.

Io torno giù, mi tengo la testa tra le mani e disperdo ogni mio desiderio nel silenzio.
Avrei voglia di baciarla in bocca ed in fronte, non in questo ordine.
Baciare la fronte mi sa tanto di baciare l'anima.

[...]


Chris Palko

mercoledì 17 marzo 2010

Cara Laura

PREMESSA: QUESTA COMPOSIZIONE NASCEVA COME RISPOSTA ALL'INTERVENTO DI LAURA MANTINI ALLA NOTA QUI SOTTO:

http://www.facebook.com/notes.php?id=100000628627381#!/note.php?note_id=390449598419

SICCOME ERO PRESO BENE, NE È VENUTA FUORI L'ENNESIMA ILLAZIONE SENZA CAPO NE CODA. VI PREGO DI ESPRIMERE IL VOSTRO PENSIERO, DI FARE FILOSOFIA, ETICA, POLITICA, MA DI FARLO IN MANIERA SANA.

Cara Laura,
penso che il modo in cui l'uomo si rapporti all'arte sia lo stesso modo con il quale si rapporta alla vita:
sono dell'idea che il piccolo pensiero espresso in quelle righe sia qualcosa che molti di noi hanno dentro, proprio quei noi che vengono additati come gente priva di valori.

La generazione zero, per dirla alla J ax.

La generazione che ha visto l'avvento delle rate, delle tette in tv, delle pasticche in discoteca, dei social network, delle astronavi, di gossip girl, del sogno gratta e vinci, della moneta unica europea, del cioccolato bianco.... di un sacco di cose.

Siamo quelli che camminavano su un pavimento di instabili e malaticci valori assoluti ed hanno visto il terreno sgretolarsi sotto i piedi:
non abbiamo un Dio, crediamo nella scienza
non possiamo fare affidamento sui meriti, dobbiamo fare i conti con le raccomandazioni
non immaginiamo posti lontani, possiamo andarci in un batter di ciglia.
non stimiamo il nostro re, lo reputiamo un ladro.

ho 17 anni, e per 17 anni sono stato educato da frasi sentite in televisione, obblighi , consigli e divieti dogmatici e immotivati mentre nei compiti in classe a scuola leggevo "MOTIVA LA TUA RISPOSTA".
la nostra società è una farsa, un enorme paradosso: vediamo le Iene dimostrare che i nostri ministri pippano chilometri di cocaina,mentre cacciamo Morgan dal Festival perchè dice di farsi di crack.
prendiamo la multa per mezz'ora di parchimetro in ritardo, mentre vediamo macchine della polizia parcheggiate in curva sulle strisce.
veniamo criticati per minigonne e jeans a vita bassa, mentre mio fratello piccolo fissa le tette delle letterine di passaparola.

siamo presi per il culo. ma l'arte ci salva, il pensiero ci salva.
vedo ovunque giovani incazzati, serenamente incazzati, con la voglia di soverchiare un metodo di pensiero così ipocrita e obsoleto..

io nella generazione zero ci credo.


Andrea Straniero

lunedì 15 marzo 2010

Quattro Febbraio Duemiladieci

Neve e Sirah
Cambiar le lenzuola non è mai stato così fastidioso
dopo quell'incontro avvenuto per caso
hai lasciato una scia nel cuore, nel vento, nell'anima mia

La città era tanto sconosciuta quanto affabile
come le mie dita su di te
"ti aspettavo da tanto"

urlo.
non essere la neve effimera che copre quella mattina.
e la mia vita.


Andrea Straniero

domenica 14 marzo 2010

Chiarimento, soltanto

Io apprezzo sinceramente i vari 'mi piace' e li capisco fin troppo bene.
Anch'io sono pigro, anch'io non riesco a scrivere a comando, anch'io spesso sento di non aver nulla da aggiungere...Ma voi non dovete fare come me.
Quindi se potete integrare con parole vostre le mie andrebbe meglio.
Facciamo conoscere le nostre parole, facciamole incontrare, cozzare, facciamogli fare l'amore, facciamole vivere... perché così potremo vivere anche noi.

Spero

Qui tutti siete scrittori.
Nel mondo ho incontrato solo scrittori Fuori Luogo.
Qui lo siete e per questo non lo siete affatto...


Chris Palko

Rainbow

Pomeriggio cupo di un piovoso venerdì di febbraio. Uno di quei pomeriggi che migliaia di studenti si sono ripromessi di farsi risarcire dal padre Nostro.
I miei occhi, pallidi, percorrono tragitti tortuosi di inchiostro nero, ritrovandosi spessp a fare inversione e ricominciare dall’inizio poichè perso il significato della strada. Sarò anche irresponsabile e disorganizzato, ma, cazzo, mi ritrovo a fare giornate folli di studio intenso ritrovandomi, stralunato, a difendermi da insoliti insettini luminosi che mi vorticano intorno al capo. Distolgo il mio sguardo da quella stanza polverosa e triste e cerco orizzonti più lontani.
Fuori la pioggia picchia su innocenti superfici che, impotenti, restano immobili a farsi martoriare da velenosi dardi gettati da una forza ignota che, da posizione privilegiata, ci costringe a partecipare attoniti a una guerra unilaterale. Niente sole, niente uccelli che, incuranti di ogni stupida legge fisica, si innalzano felici verso paradisi sconosciuti; solo una pioggia, talmente fitta, che pare che il mondo non finisca che a una decina di metri fuori dalla mia finestra.
Ho ormai perso il conto delle pagine, pagate care, sulle quali mi sono ritrovato per interi pomeriggi a riversare incessantemente i miei cari neuroni in cambio di un soggettivo tratto di penna rossa. Niente resta nella mia testa a lungo termine di quelle pagine sudate, ma si susseguono senza un ordine preciso, private di ogni significato, e distruggono i castelli celesti di un’infanzia ormai passata.



E a un tratto, silenzio.

Nessuna goccia dal cielo crolla per accentuare l’umidità di questo nostro mondo.
7 stormi di uccelli tra i colori più belli, con un volo rapido e bellissimo, disegnano una ferita arcata dalla quale fuoriesce il colorato infinito che dietro il velo del cielo dorme indisturbato.
L’arcobaleno, bellissimo, cattura ogni bellezza della vita e quasi rende quel cielo, che non poche volte, ammetto, mi sono ritrovato a contemplare esatasiato, qualcosa di trascurabile, quasi mediocre in quel suo azzurro che ora sembra finto, quasi dipinto.

E lo guardo.
Ma mi rendo conto che, invece, guardo lei.

E sento sulle mie mani il luminoso giallo dei suoi disordinati capelli, sulla bocca l’eccitante rosso delle sue grandi labbra, sotto di me il verde di quei prati bagnati che a memoria conoscono i nostri corpi, sul volto l’arancio di quel Sole che, geloso, tenta, invano, di emulare i nostri baci, sulle spalle lo scuro indaco che ha illuminato il nostro primo sguardo, sul corpo l’immenso azzurro del nostro amore e sopra di me l’infinito cielo violetto della nostra vita.

Sento il tuo corpo su di me e sento la libertà che si impossessa di ogni cellula
Sei Amore
Cosa posso desiderare se non Te?
Da quanto stiamo insieme? Secoli? Minuti? Millenni? Attimi?
L’odio, lo spazio, il tempo si dileguano sopraffatti al cospetto della tua immensità.
Sono felice. Feliceeeeeeeee!!! Ti devo la vita, o amore.
E nel mio cuore colori mai visti esplodono in un empatica follia superiore alla vita.



Che schifo! Un’ingente quantità di saliva mi stava fuoriuscendo dalla bocca. Riapro gli occhi ancora assonnato e ormai lontanissimo da quello che sarebbe riduttivo definire sogno. La saliva aveva diluito l’inchiostro che aveva trasformato futili parole in un’inconsistente chiazza nera.
Guardo fuori. L’incessante ripercuotersi di violente gocce d’acqua sul terreno mi trasmetteva un lancinante mal di testa e una solitudine senza fine
E tu amore? Dove ti nascondi? Dove i tuoi colori?
Non lo so. Ma, di certo, non tra questi stupidi segni neri che affogano in un bianco infinito.




Lauro De Bosis



P.S. Se pensate di potermi saziare con un misero "Mi piace" vi sbagliate. Preferisco piuttosto che nn scriviate niente. Ma, nel caso in cui sentiate le mie parole vostre, beh, vi prego di scrivere cosa ne pensiate. Grazie

CondiviVere

A me il Diavolo non è mai stato poi così antipatico, mi è sempre parso una vittima sacrificale, una necessità per i comodi nostri e quelli di Dio.
A qualsiasi prezzo uno venda la sua anima dopo resterà sempre più povero di prima.

Io preferisco condividerla.
Io sono qui per questo.

Alcuni di voi continuano a chiedersi il mio nome per associarlo ad una faccia e ad un corpo. Sì, lo farei anch'io, lo farei eccome, perché in fondo non sappiamo essere così diversi l'uno dagli altri.
Ma non è questo il luogo..
Il viso, la voce, l'accento, la corporatura, lo sguardo, i tic nervosi opzionali, il mondo ce li mostra già abbastanza tutti i giorni, e così ci rende soli, forse per proteggerci, forse perché non capisce davvero il nostro più grande bisogno.

Ed il mondo siamo noi.

Qui paghiamo il nostro debito di sincerità al mondo sperando che lui paghi il suo con noi. E il mondo siamo noi e il mondo siete voi e noi siamo voi.

E tutto quello che abbiamo da soffiare fuori e tutto quello che avete da respirare sono queste righe.

Al resto ci pensa già la vostra vita.
Ed io e la mia vita non siamo mai stati la stessa cosa.

Chris Palk
o


Un pescatore

Il sole accarezzava come una fidanzata amorevole tutta la balaustra del porto a cui lui era appoggiato. fermo.
guardando le onde distrattamente diede il colpo di grazia alla sigaretta che gli stava invecchiando in mano, e la gettò a terra con un colpo di indice.
si spettinò un poco i capelli, come soleva fare spesso, e si avviò a quella sua strana barchetta che stava a galla per miracolo, salutando tutti gli anziani pescatori e amici che passavano come lui verso quell'ora al molo, una chiacchiera, un sorriso “tanto non c'è fretta” , come diceva sempre.
ritirò la cima che univa l'imbarcazione dalla terraferma e prese un poco il largo. ore 11 23.
lanciò la cima che separava l'imbarcazione dalla terra ferma e mise il piede sinistro sul molo. ore 11 48.
“hai fatto tardi anche oggi, eh?” la solita battuta di qualche amico, che approdava di volta in volta sulla bocca di tutti. Con gli otto pesci che il ridente Egeo gli aveva regalato, si avviò verso casa. il secchio del pesce posato in terra, la moglie all'uscio, un bacio.
“Amore. amore! vai in piazza, devi vedere una cosa.”
va in piazza.
vede una cosa.
Ecco, immagina:
un ragazzino, una bicicletta, delle rotelle abbandonate su un muretto, un enorme sorriso e “PAPÀ! GUARDA!” una caduta di distrazione causata dall'arrivo del proprio padre mentre stai tagliando il primo traguardo della tua vita di ometto. “Papà, andiamo a mangiare”
la strada di casa con lo stomaco lievemente stuzzicato dall'appetito, mentre i raggi allo zenith seguono i tuoi passi, uno dopo l'altro, sino a quella porticina in legno così tanto conosciuta, così tanto amata.
Un pranzo frugale, il frutto del tuo sudore sapientemente miscelato ai frutti della terra, le mani, l'odore, l'amore della tua donna in ogni boccone, la benevolenza del suo sguardo mentre con la bocca piena dici “mm. Ancora”
La radio che passa Neil Young mentre sul divano leggi Harry Potter a tuo figlio.
E poi un pomeriggio che si consuma lentamente, un bastoncino d'incenso che non ha fretta e regala fragranza senza soffocare: una giornata al mare.
Gli amici, la sabbia, tua moglie che prende il sole e un pensiero nella tua testa “Dio, quanto sono fortunato” Il mare causa sintomi magici, se assunto con metodo e regolarità, ti trasmette quella stanchezza soddisfatta e quel calore intestino che solo lui riesce a dare. Lui passeggiava mano nella mano del suo piccolo, immerso in un tramonto che nemmeno un LCD a ottomila pollici potrà mai descrivere.
Gli venne incontro un turista, villeggiante allegro, milanese medio, camicia hawaiana, sandaletti di pelle comprati alla COIN, moglie quarantenne isterica amante di Xanax e Diazepam vari, figlia sedicenne amante dei Vodka Lemon e delle dita in gola.

“scusa amico. Io ti ho osservato molto. Correggimi se sbaglio: tu ti alzi tutte le mattine non prima delle dieci, fai colazione, ti prepari e tutto il resto, scendi con molta calma al molo, stai mezz'ora al massimo in mare, peschi otto, massimo nove pesci e torni a casa, buttando via il resto del pomeriggio e della sera a non far nulla, è vero.”

Lui fece di sì con la testa.

“Ascolta me, io sono uno che se ne intende.. domani mattina, fallo solo come piccolo esperimento, provaci. Anziché alzarti alle dieci, metti la sveglia, alzati alle sei, mangia un boccone veloce e parti subito per il largo, non tornare appena recuperi il pesce che ti serve, ma stai in barca tutto il giorno. Se sarai fortunato, porterai a casa molti più pesci di quanto tu non possa immaginare!!
quelli in eccedenza verranno venduti al mercato!! pensa che meraviglia! Con i soldi guadagnati potrai comprare una barca più grande, pescare più pesce, e magari assumere un aiutante per farlo lavorare su un altra barchetta! Nel giro di pochi anni potresti giovare di grandi profitti! Aprire una filiale in quell'altra isoletta qui vicino che – si sa – è molto più pescosa..
Certo, ci vorranno anni e molta fatica, ma arrivato in cima avrai la certezza di trascorrere una vecchiaia agiata, serena e felice con i tuoi cari!!pensa! Potresti fare vacanze in posti esotici, possedere una bella villetta in versilia, una bella macchina, abiti di un certo livello, e mille altre cose che qui non sono ancora arrivate e forse non arriveranno mai.. cosa aspetti?”

Lui rimase muto, ogni fonema gli era entrato nella testa, tessendo tele di parole che ancora erano in fase di assorbimento. Il turista continuò:

“Allora?”

“Allora cosa? La tua proposta è assurda. Tu mi stai chiedendo, anzi, mi stai esortando a passare gli anni migliori della mia vita in mezzo al mare, a faticare, magari togliendo cibo ad altri pescatori come me, mi chiedi di rinunciare a preparare il caffè per mia moglie la mattina, o vedere mio figlio andare in bicicletta, leggergli le favole, sentire le partite alla radio del bar sorseggiando vino con gli amici.
Tu mi chiedi di tuffarmi in un oceano di fastidiose scartoffie, di pagamenti, rate, assicurazioni, assunzioni, certificati di idoneità, togliendomi la possibilità di
fermarmi a vedere quanto è bello il sole e quanto generosa la terra, solamente per poter, forse, un giorno, da vecchio godere di tutto quel bene, di tutto questo piacere, di tutto questo stesso piacere di cui posso godere oggi, ogni giorno, pescando mezz'oretta al giorno per mia moglie e mio figlio?!
Tu sei pazzo!
E no, non chiedermi perchè: nessuna villa in Versilia renderà mai giustizia al sorriso sgorgato dalla mia anima quando ho visto per la prima volta mio figlio in bicicletta senza rotelle.

Andrea Straniero

Fantasmi d'inchiostro

Non è la difficoltà nel fare le cose a bloccarci, quanto la difficoltà nell’INIZIARE a farle.
E’ così anche per le prime righe di un tema, per le prime righe di una canzone, per i primi appuntamenti e per le prime righe dell’inizio di un inizio. E forse ci piace così.

Ora l’imbarazzo dovrebbe essere superato.

A sedici anni pensavo di non volere una vita piena di vincoli e costrizioni, a sedici anni avevo un terrore incredibile della routine e della morte, e delle abitudini dal retrogusto di morte.
A diciotto ho capito che forse non è una fase di transizione la mia.
Voglio fare lo scrittore sapete? Non ho un particolare talento, è che non riuscirei a fare altro.
Ho scritto pagine e pagine e tutto è come prima, non è finito niente e non è cominciato niente.

La vita non da’ libretti di istruzioni, ed anche questo, forse ci piace così.

Non so come iniziare la vita che voglio io ma so che in qualche modo bisognerà pur farlo, così sto qui, per soffiare fiato bocca a bocca dentro la speranza di fare qualcosa che voglio e non qualcosa che devo.

Vedo in giro un sacco di fantasmi solidi con l’anima incolore e mi dico che in fondo anch’io sono uno di loro.
Ho deciso che mi getterò nell’inchiostro per ritagliarmi un contorno nella mia vita.
Qui vorrei nascesse tutto quello che ho da dare al mondo, se il mondo vorrà prenderselo


Chris Pallko

sabato 13 marzo 2010

Svolta


E se la vita che ti hanno insegnato,
E così diligentemente ti appresti a vivere
Non si riveli poi quella giusta?

E se la maniera che hai di vivere la tua esistenza
Non sia altro che una banale discesa
Che ti porterà ben presto a una vita mediocre e comune
O più semplicemente alla morte,
Tra il silenzio e l’indifferenza generale?

Ci hai mai pensato?
Scommetto che la risposta sia no,
uno di quei no un pò colpevoli e noncuranti.

E’ convinzione comune, ormai,
Che finora l’umanità non abbia vissuto
Al suo massimo grado di felicità,
per non dire che non avrebbe potuto vivere più miseramente.

E chi ha reso ciò possibile?
Beh, quelle stesse persone che,
In un’inspiegabile botta di superbia,
Credono di poter interpretare la vita del mondo.

E queste persone, che nel passato sempre sono esistite,
abbondando in periodi di guerre e carestie,
convivono tra noi tuttora,
e sono, nei nostri giorni,
il professore che siamo costretti ad ascoltare il lunedì mattina,
lo svergognato giornalista del telegiornale,
o il politico, essere mitologico, poiché il solo in grado di formulare parole senza l’uso del cervello.

E se mai qualcuno ha provato a smuoverci,
costoro furono gli artisti,
vagabondi in ogni epoca,
e derisi in ogni città.

Sebbene le loro parole,
oltre che da una grande spinta intellettiva,
scaturivano da ingenti fiumi di lacrime
e incontenibili emozioni,
per strani motivi non sono mai state ascoltate,
certo, apprezzate sì, con un moderato assenso stile medio-borghese,
ma ,miei cari amici, ascoltate proprio mai,
né, beh ,tanto meno messe in pratica.

E io sono artista;
non per speciali doti innate,
ma perché non nascondo la realtà dietro veli colorati,
e mi rendo conto della sua insopportabile assurdità
e voglio cambiarla.
E in quanto artista, vi ammonisco:
così come, quando erano in vita,
i più grandi artisti della nostra storia erano ripudiati o ignorati
( Caravaggio, Baudelaire, Van Gogh, De Andrè)
e poi, dopo la morte, apprezzati
dalla despota società borghese,
nello stesso modo alcuni fatti bui della nostra storia recente,
ora del tutto denunciati e odiati,
non si verificarono per qualche magico o inspiegabile avvenimento
ma, in primis, per un dichiarato lascito dei comuni mortali,
che reputavano determinate scelte necessarie,
a causa di un dogmatismo impartito da una società crudele.
E beh…tutt’oggi molti grandi artisti vengono insultati
da una abominevole classe dirigente,
i cui poteri le vengono attribuiti
da ignoranti e egoisti cittadini,
che riducono il loro campo visivo a quella misera gabbia che è la loro vita,
che, per quanto abbellita e decorata, non può celare la sua nauseante mediocrità.

Denunciamo il passato,
perchè continuamente invaso da persone
che volevano porre il tempo a proprio vantaggio,
ma chissà per quale motivo,
non possiamo concepire che
possa accadere anche nel nostro tempo.

E se siamo tristi,
l’ultima cosa da fare è distogliere lo sguardo
e aspettare che, chi non ne ha il minimo interesse,
venga in nostro soccorso.

Non è colpa del politico la nostra miseria,
è solo un bastardo opportunista;
non è colpa del capitalista la nostra disperazione,
è solo una bestia incurante dei sentimenti;
né la colpa è di tutto ciò che è stato più volte indicato
come responsabile della decadenza della società moderna.
Bensì la colpa è nostra,
che, senza alcun motivo, ci dichiariamo impotenti
e deleghiamo la nostra guarigione
proprio ai responsabili dei nostri mali,
convinti che ogni loro decisione debba essere assimilata come fatto necessario.

La felicità scaturirà dalla presa di coscienza generale
Che tutto ciò è sbagliato,
e che possiamo plasmare il mondo a nostro piacere,
privarlo del suo millenario grigiore,
e colorarlo.

E se vi è mai capitato di restare a bocca aperta a scrutare un tramonto,
o con gli occhi lucidi a perdervi tra i capelli di una sconosciuta,
beh, non potete mai immaginare che tempesta di emozioni incontrollabili vi possa provocare
una folla di uomini in marcia verso la libertà,
uomini liberi e uguali, che nessun filo spinato o arma può frenare,
uomini rinati, che non possono concepire altro che fratellanza e solidarietà,
uomini immortali, perché non ci sarebbe che vita nella loro esistenza,

sconfitto il male
e fuggita la morte,
ci sarà solo vita

e amore, amore infinito



Lauro De Bosis

MANIFESTO


il romanzo è morto
la pittura pure.
la poesia ha tirato le cuoia da un pezzo.

...

non mi piace questo elemento.

non credo nella letteratura, ne nella sua morte.
non ho mai capito l'affanno di certi critici , docenti, letterati o presunti sapienti di voler definire, schematizzare, descrivere ma sopratutto giudicare opere altrui.
magari distanti secoli e chilometri.
magari composti in un altra lingua.
magari scritti sotto effetto di sostanze.
e così che poi vengono fuori ottocento pagine di analisi , illazioni e teorie apocalittiche su "M'illumino d'immenso" e "Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie".

non mi piace neanche questo, di elemento

non credo nella critica, nei poeti vati,nella morte dell'arte, nell'aristocrazia letteraria e nemmeno nella vittoria del Chievo Verona in champions league.
credo che nel 2010 contare le sillabe sia la cosa più stupida del mondo.
credo che l'animazione non abbia nulla da invidiare al cinema, così come la fumettistica alla pittura ed il cantautorato alla poesia.
credo che chiunque dovrebbe e potrebbe fare poesia, perchè credo che la vera arte sia un occhio sulla vita, una rappresentazione più o meno soggettiva, chiara e reale della realtà.
credo che il critico dovrebbe solo esprimere un parere personale, non trarre una chiave di lettura perentoria e categorica, perchè il bello dell'arte è proprio la sua indecifrabilità totale, il suo trasmettere ad ognuno qualcosa di diverso.

è da qui che prende forma l'idea: scrivere per il gusto di farlo.
siamo studenti, dovremmo essere l'avanguardia mentale del paese, dovremmo essere attivi, curiosi, impazienti ed affamati di vita, ma stiamo diventando cumuli di vestiti chiccosi, superalcolici, noia e link condivisi.

Ecco, noi siamo quelli che provano a dissociarsi da questo clichè del ragazzo pac-man (musica elettronica, pastiglie, stanze buie, suoni ripetitivi ecc.)
Non abbiamo la minima idea di quello che stiamo facendo e l'unico nostro scopo è dilettevole: prima per noi poi per gli altri. Non intendiamo badare a regole schemi o altri stratagemmi che limitino il nostro pensiero: se scriviamo a rima incatenata lo facciamo perchè ci piace così, non per elevare la materia.
La nostra non sarà poesia, non abbiamo le scartoffie adatte per proclamarci poeti
la nostra non sarà prosa, non siamo in contatti con nessun editore, quindi non possiamo permettercelo.
La nostra sarà pura semplice “proesia” , la quale, nonostante il rosso di sottolineatura del mio programma di scrittura è l'unica parola in grado di riassumerci.

Credo che non esista una corrente letteraria superiore ad un'altra.
Credo che altamente improbabile ed impossibile non siano affatto la stessa cosa.
Credo che buono e cattivo, bello e brutto, utile e superfluo, originale e banale non esistano, perchè tutto ciò che vediamo è traslato dal nostro punto di vista, dal nostro innato pregiudizio e che ogni cosa può essere qualsiasi cosa vista da tutti gli occhi del mondo: di conseguenza, affannarsi per cercare di definirla è un assurda pretesa di essere superiori, nonché una perdita di tempo
Credo che due opposti possano essere entrambi verificati, perchè tutto è relativo in ogni senso, perchè tutto è uno, e uno è tutto.

Ci rifiutiamo di credere di essere gli unici idioti a provare ancora un po' di attrazione per la lettura e la scrittura, vogliamo e speriamo e proviamo, in questo modo, di raccogliere e incanalare tutti coloro che sentono questo bisogno di esprimersi, questa tensione verso la penna.
Siamo e saremo del tutto anonimi non per vergogna, ma perchè vogliamo e cerchiamo i giudizi a ciò che scriviamo, non alle nostre persone.

parliamo di tutto. Nostre illazioni, sogni, paure, giudizi di film, libri, canzoni e persone. E ci piace così.

Andrea Straniero.